L’otium e il tempo dilatato di Ida Budetta

    Maria Grazia Caso

     


    Il tempo scandisce le nostre vite, conferendogliene il ritmo, ed è l’unica dimensione in cui quantità e qualità si incontrano, determinando il grado di soddisfazione che la vita ci offre.
    Questo perché, se è vero che è misurabile con precisione, la nostra percezione del tempo è decisamente relativa.
    Tralasciando le cause, facilmente analizzabili, del perché questa contingenza storico culturale ci proponga uno stile di vita proiettato al risultato ed al successo, inteso quale raggiungimento di mete future, ben scandite all’interno di una sovrastruttura sociale che ci vuole produttivi, controllabili e perennemente affannati nell’affidare la nostra serenità all’approvazione della nostra immagine e al condizionare il nostro benessere agli stati raggiunti nel futuro, una nuova consapevolezza sta penetrando le coscienze di molte persone.
    Le degenerazioni, che questo stile di vita, convulso ed orientato al futuro, comporta, sono facilmente tracciabili nei disturbi che spingono gran parte di noi a cercare conforto nelle psicoterapie, per la cura di condizioni di stress, ansia, depressione, mentre gli stati di serenità, appagamento, gioia o felicità sono inaccessibili o fugaci e transitori o creati artificialmente, attraverso dipendenze da droghe.

     


    Una diffusa insoddisfazione diventa però la spinta a modificare il proprio stile di vita ed a riconsiderarne presupposti e priorità. Il benessere passa per il riconoscere il valore del presente, l’unico che conferisce qualità al tempo. Ed è qui che il concetto di tempo acquista una nuova luce e fascinazione: il tempo di qualità si espande, le nostre percezioni lo amplificano e la connessione al presente ci consente di trovare spazio per la cura dell’anima, per l’ascolto di noi stessi e di ciò che ci circonda, sviluppando un approccio basato sulle sensazioni piuttosto che sul pensiero compulsivo.
    Comincia a diffondersi un nuovo concetto: quello di otium, in contrapposizione al frenetico fare, come spazio dedicato all’essere. L”otium diventa un nuovo salvifico paradigma, ma anche un paradosso temporale: più si rallenta o ci si ferma, più il tempo aumenta, meno lo inseguiamo più ci viene incontro. Cosa accade nell’otium? Nell’otium si perde la meta e si comincia a vivere il viaggio…la soddisfazione e la serenità non sono rimandabili, ma accessibili nel qui ed ora, la mente in assenza di programmi rallenta le sue costruzioni, lasciando spazio al sentire, al rilassamento, all’osservazione, alla contemplazione, all’ascolto. Nell’otium potrebbe accadere di fare la conoscenza di sé e del mondo circostante, la parte creativa di noi trova nuova linfa, nell’otium l’arte diventa linguaggio, quale mediazione tra il nostro essere e la sua estrinsecazione, nell’otium, quali che siano i nostri talenti, trovano slancio.
    Certamente vi sono dei luoghi che più di altri si prestano all’otium, sono quei luoghi dove il contatto con l’ambiente ci riporta al nucleo, all’essenzialità, restituendoci al nostro essere naturale, al nostro contatto con la terra, fuori dagli artifici che abbiamo costruito, fuori dai rumori di cui ci siamo circondati.
    L’otium non è inoperoso, quando lo è lo è nella feconditá e nel generare nuove visioni, nê è asociale, il silenzio e la meditazione ci conducono a relazionarci in modo più autentico ed aperto ad un contatto più profondo, a nuove costruttive contaminazioni. Le attività che l’otium stimola sono quelle che nutrono il rapporto con le origini, con i nostri bisogni più autentici e non indotti dal consumismo: il rapporto col cibo e col nostro corpo, le attività quotidiane cambiano: produrre il proprio cibo, realizzare un orto, fare movimento nella natura, respirare aria pulita diventano attività meditative e di riconnessione. In fondo queste erano le attività e sono ancora le attività che si svolgono nelle zone dove il tempo è di qualità ma è anche quantità, quelle zone rurali dove si diventa centenari perché il gusto della vita è tale da rinsaldare le nostre radici e rafforzare le energie vitali, dove la socialità si incentiva con lo scambio umano più che commerciale. Cominciano a rinascere i borghi e nuove concezioni di comunità ozianti ed inclusive si affacciano tra le nuove generazioni, fruibili anche per coloro che vogliono solo uno spazio dove riprendere ossigeno e linfa, tra una prestazione e l’altra. E mentre si conia e diventa popolare un nuovo termine che ci prospetta un futuro sempre più distaccato dalle nostre origini e puramente virtuale, il ‘metaverso’, l’otium, il presente ed il tempo lento divengono l’antidoto che mette al riparo la nostra umanità.